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Inserita il: 04/03/2011

Il professor Galasso sull´identita´ italiana (seconda parte)

La chiusura delle "Domeniche con la Storia" 2010/2011
(... segue)
"Noi sottovalutiamo spesso l´importanza del periodo longobardo nell´ambito della storia italiana, mentre i Longobardi sono i veri ‘fondatori´ di questa storia.
In Francia, la storia ‘post-romana´ comincia con Clodoveo e i Franchi, alla fine del 400, e il Paese cambia subito nome da ‘Gallia´ in ‘Franchia´. In Spagna comincia ancora prima ma rimane interrotta –dal 711 al 1202, anche se sopravvive fino 1492 il piccolo possedimento del regno di Granada- dalla conquista musulmana. In Italia non inizia con Odoacre, come dicono i nostri manuali di storia –peraltro rispettabili- né con gli Ostrogoti: sono tutti popoli strettamente legati alla continuazione romana; riconoscono ancora l´autorita´ di Costantinopoli. Ci sono, invece, alcuni elementi del periodo longobardo –ve ne indico almeno quattro- che sono fondamentali per la storia e l´identita´ italiane:
1 La bipartizione dell´Italia. Una situazione che fu dovuta alla conquista parziale dell´Italia, prima del Nord e poi della parte centro-orientale della Penisola, fino al ducato di Benevento. Roma rimase autonoma e il resto bizantino. Il dualismo territoriale italiano inizia con i Longobardi e non viene riparato che 13 secoli dopo con l´unita´ risorgimentale.
2 La parte della Chiesa nella storia italiana. Tra la Chiesa e i Longobardi si determino´ un antagonismo fortissimo. Prima su questioni religiose, perche´ i Longobardi erano cristiani ma ariani, e quindi in urto con i cattolici e la gia´ potente Curia romana. Poi per questioni territoriali, perche´ l´idea longobarda di conquistare tutta l´Italia non era, evidentemente, gradita a Roma. Si determino´, allora, un problema di rapporti tra Stato e Chiesa che e´ una costante della storia italiana.
3 L´interferenza straniera nella storia italiana. Contro i Longobardi, i papi chiamano i Franchi: due volte intervengono e la questione si risolve; la terza volta, con Carlo Magno, i Longobardi vengono “eliminati”. Ma questa interferenza degli stranieri nei fatti italiani rimane, poi, un dato stabile. Dopo Franchi arrivano le varie dinastie germaniche, poi la Spagna, la Francia, l´Inghilterra. Insomma, l´Italia, dal VII-VIII secolo, fino al 1861, raramente e´ stata padrona di se stessa. Quando si critica il Risorgimento, bisognerebbe ricordare che questo ha determinato l´unita´ e l´indipendenza, mentre fino ad allora gli Italiani non avevano deciso nulla, in casa loro, che non fosse stato deciso gia´ da potenze straniere.
4 Il particolarismo italiano. I re longobardi non riuscirono a conquistare tutta l´Italia per le opposizioni del Papa e dei Bizantini, ma anche perche´ il sovrano longobardo non riusci´ ad imporre agli stessi duchi e alle formazioni tribali longobarde una solida disciplina statale, come invece riusci´ ai Franchi. Il pluralismo e il particolarismo italiani hanno ricevuto, con la dominazione longobarda, una sanzione potente che li ha imposti come un carattere nazionale.
Questa digressione sui Longobardi e´ un´altra prova che le radici della nazione italiana e della realta´ italiana non sono radici “improvvisate”. La nazione italiana non e´ un´invenzione dei patrioti del Risorgimento. E´ il contrario: il Risorgimento e´ figlio della nazione italiana.
Voglio anche rimarcare un´altra cosa: la scelta del suffisso –ano per determinare l´aggettivo nazionale del nostro Paese. Per formare i nomi etnici italiani si usano diversi suffissi: -ani (foggiani, napoletani, padovani ecc.), -ini (fiorentini, cosentini ecc.), -esi (genovesi, catanzaresi, ecc.). Il fatto che per il nome nazionale sia prevalsa questa desinenza e´ importante perche´ –ano e´ il suffisso che caratterizza il cittadino di Roma ed e´ quindi un richiamo implicito alla romanita´, un calco linguistico-culturale che si rivela nella formazione di questa parola e che rivela la disposizione della nuova nazione a seguire la suggestione romana.
Dunque, gia´ nel 1200 si acquista coscienza della realta´ italiana nuova.
Innanzitutto nel senso linguistico e letterario. Tra fine ‘200 e inizio ‘300, Dante scrive il ‘De Vulgari Eloquentia´ e il ‘Convivio´. Nel delineare la storia della letteratura italiana ricorda che i primi a comporre versi in volgare sono i ‘siciliani´, ovvero i poeti del Mezzogiorno, del ‘Regnum Siciliae´. Poi la sapienza poetica si trasmette ai bolognesi, poi ai lucchesi e ai senesi, infine ai fiorentini, coi quali si arriva al ‘Dolce Stil Novo´ che e´ quello in cui Dante si riconosce.
Poi il sommo poeta tratta anche della lingua italiana, rimarcando come in Italia si parlino lingue molto diverse una dall´altra. Enuncia poi una sua teoria assolutamente antistorica, ma importante per la sensibilita´ che rivela: che il vero italiano deve essere formato in modo da essere inteso ugualmente in tutte le parti d´Italia ma da non identificarsi con una parlata specifica. Nasce allora la ‘questione della lingua´ che ancora ci affligge.
Quindi gia´ all´epoca di Dante si determinano due piani di identita´ nazionale: quello letterario e quello linguistico.
Poco dopo, nel ‘400, appare una terza dimensione della ‘italianita´´: l´Arte. E´ allora che l´Italia inizia ad essere considerata il paese dell´Arte e del Bello. E giungiamo a Michelangelo. Un portoghese, Francisco De Hollanda, lo incontro´ a Roma e parlo´ a lungo con lui, pubblicando poi i contenuti di queste conversazioni. Alla domanda su come considerasse l´arte degli altri paesi, rispetto a quella italiana, Michelangelo rispose che la trovava brutta: soprattutto in quella fiamminga, che all´epoca andava per la maggiore, c´era vivacita´ e affollamento di personaggi, ma mancava il disegno, l´ordine ideale, la consapevolezza della creazione artistica che c´era nell´arte italiana. Al punto tale, dice testualmente Michelangelo, che “una mediocre pittura italiana e´ meglio di una eccellente pittura fiamminga”. L´artista quindi -nonostante esistessero diverse ‘scuole´ regionali- aveva una consapevolezza della differenza e della superiorita´ dell´arte italiana rispetto a quella d´Oltralpe, una coscienza identitaria italiana in campo artistico.
Una precoce coscienza si determina anche in materia politica. Contro Federico Barbarossa si costitui´ una grande lega di Comuni guelfi: Venezia, Roma e il Regno di Sicilia. Quando i milanesi, con pochi altri appoggi, vinsero a Legnano, catturando i simboli imperiali, scrissero ai bolognesi dicendo che mandavano loro quelle insegne perche´ consideravano quella vittoria non come solo propria ma come vittoria di tutti gli ‘itali´ –non si e´ ancora nel 1200 quando si conia il termine ‘italiani´. E´ una cosa importante, perche´ i trofei di guerra sono di solito tra le prede piu´ gelosamente custodite. C´e´ una consapevolezza della vittoria ottenuta come alleanza italiana, come ‘itali´ e non come singola espressione locale. Si formalizza allora un sistema degli stati italiani, una serie di relazioni, che rimarra´ sostanzialmente immutato fino al 1861.
Nasce pian piano anche l´idea della necessita´ di una unita´ e di una ‘liberta´ italiana´. Ed e´ bello vedere come questa espressione, mano a mano che ci si avvicina al Risorgimento, non significa piu´ indipendenza delle singole parti d´Italia, ma liberta´ della penisola dagli stranieri.
Sopravviene, poi, tra ‘600 e ‘700, un altro fortissimo carattere identitario italiano: la musica. Un bellissimo capitolo della storia italiana. Lo sviluppo prorompente della genialita´ musicale degli italiani, comporta la formazione di una ‘identita´ musicale´ che si impone a livello internazionale: nel ‘700 nel confronto con i compositori francesi e nell´800 con quelli tedeschi (il dualismo Verdi-Wagner).
Subito dopo, entra nella formazione dell´identita´ italiana anche la storiografia. L´espressione ‘storia d´Italia´ nasce tardissimo, tra ‘600 e ‘700. Il titolo ‘Storia d´Italia´ all´opera di Guicciardini, in realta´, lo hanno dato i posteri. I grandi libri che sviluppano il concetto nel suo pieno significato, sono 800eschi. Il ‘Sommario della Storia d´Italia´ di Cesare Balbo, ad esempio.
L´identita´ italiana, dunque, nasce e si sviluppa con sentieri molto complessi. Non e´ un´invenzione del Risorgimento.
Oggi si dice che questa identita´ sia in crisi; si nega, in sostanza, il concetto di Italia e di storia di Italia. Anche queste, pero´, non sono particolarita´ italiane: dovunque, in Europa, e´ in crisi il concetto di ‘nazione´, con forme diffuse di autonomismo, anche spinto (come in Spagna, con baschi e catalani).
Bisogna pero´ ammettere che la crisi della idea nazionale, in Italia e´ piu´ forte: un po´ perche´ la tradizione italiana e´ fondata sulle autonomie, i gruppi locali e cosi´ via, un po´ perche´ e´ coincisa con una crisi profonda –negli ultimi 30 anni- della struttura e degli equilibri politici interni. Per questo e´ in corso una discussione sul passato che e´ la ‘controfigura´ di una discussione sull´oggi. E, come accade spesso, si rovesciano le responsabilita´ e le incapacita´ di oggi sul passato. Atteggiamento sbagliato perche´ i problemi di oggi vanno risolti con idee e mezzi attuali e certo non se ne esce disconoscendo identita´ storiche e processi storici che hanno avuto radici cosi´ profonde come quelle che ho cercato di illustrarvi in questo incontro. Se ne esce, invece, riconquistando e sviluppando quelle identita´, rendendosene conto: poi se ne fa quel che si vuole, persino ridisegnare il Paese.
Il mio avviso personale, e lo ripeto sempre con la stessa frase, e´ che fare l´unita´ italiana e´ stato difficilissimo, ma sono convinto che disfare l´unita´ italiana sia molto piu´ difficile. Lo dico non a scopo consolatorio, ma per far comprendere che non si esce da questa problematica trattando la nostra identita´ nazionale come facciamo con i vestiti, scegliendo, ovvero, giorno per giorno quale indossare. La Storia non lo consente. Le identita´ culturali e storiche non si scelgono: si proseguono, si accettano o si rifiutano, si sviluppano e, anche quando si rifiutano, rimane il condizionamento della storia precedente. Questa non spiega tutto, ma ci dice una cosa importante: ci dice chi siamo e da dove veniamo. Il resto ce lo dobbiamo fare noi: ce lo faremo tanto meglio, quanto meglio sapremo riconoscere, accettare, discutere e comunque proseguire l´identita´ storica, ovvero la realta´ intima che la Storia ci ha consegnato”.
 
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